Pubblicato il:

Grazie a speciali sensori inseriti all’interno delle piante è possibile conoscere lo stato nutrizionale delle colture, ottimizzando l’impiego di fertilizzanti e acqua.

Nelle aziende agricole più innovative gli agricoltori hanno a disposizione differenti flussi di dati provenienti dai sensori sparsi in campo, come ad esempio le centraline meteo oppure i tensiometri. Nessuno però sa ciò che realmente accade all’interno delle piante. Almeno per ora.

Bioristor è una startup, spinoff dell’Imem, l’Istituto dei Materiali per l’Elettronica ed il Magnetismo del Cnr, che ha messo a punto un sensore che può essere impiantato all’interno di una pianta ed è in grado di registrare i principali parametri vitali fornendo quindi all’agricoltore informazioni dettagliate su ciò che accade all’interno del vegetale.

“I sensori di campo registrano dati relativi ai parametri ambientali, ad esempio sulla quantità di acqua disponibile nel terreno, ma non ci dicono ciò che accade dentro le piante.

Non c’è ad esempio una corrispondenza diretta tra la disponibilità idrica del suolo e lo stato di idratazione del vegetale”, spiega Filippo Vurro, tra i fondatori della startup insieme a Nicola CoppedèManuele Bettelli e Michela Janni. “Abbiamo registrato ad esempio situazioni in cui nel terreno c’era scarsa disponibilità idrica, ma le piante non erano in stress.

La possibilità di applicare sensori (più correttamente transistor elettrochimici organici) alle colture mutua ciò che i ricercatori stanno cercando di sviluppare in ambito biomedico per monitorare la salute delle persone. In altre parole se negli ospedali i sensori misurano i parametri vitali di un paziente, in campo il device di Bioristor monitora i parametri vitali delle piante.

Piante controllate dall’interno

“Con il nostro sensore siamo in grado di misurare la portata dei flussi linfatici, ma anche la presenza di differenti tipologie di ioni e di molecole complesse. Questo è utile sia per conoscere lo stato di idratazione dei tessuti sia la corretta nutrizione delle piante”, racconta Vurro. “Sulla base di queste informazioni è così possibile calibrare l’irrigazione e la fertilizzazione”.

E infatti, fanno sapere dalla startup, le prove condotte in campo hanno mostrato la possibilità di gestire meglio la risorsa acqua, con una riduzione fino al 40% dell’irrigazione, e ottimizzare l’impiego dei fertilizzanti (-20%).

Il sensore è in grado di monitorare i cambiamenti fisiologici della linfa praticamente in real time, con scansioni ogni 15 minuti. Il sensore può essere applicato su un gran numero di colture, dal pomodoro al frumento fino alle orticole e agli alberi da frutto. Il suo funzionamento è assicurato per una intera stagione e l’istallazione, per adesso, deve essere effettuata da personale qualificato.

“Abbiamo richiesto la copertura brevettuale su diverse tecnologie che abbiamo sviluppato”, spiega Vurro. “Ora siamo alla ricerca di finanziatori per completare lo sviluppo e lanciare la nostra soluzione sul mercato”.

Nutrizione e difesa di precisione

L’agricoltore interessato, quando la soluzione sarà sul mercato, potrà comprare i sensori e un abbonamento alla piattaforma digitale, che permette di raccogliere i dati provenienti dal campo e analizzarli per fornire informazioni di valore su come gestire al meglio l’irrigazione e la nutrizione (i cosiddetti Dss). “Ma ci stiamo attrezzando anche per sviluppare sistemi a supporto della difesa”, sottolinea Vurro.

Secondo il business plan della startup un’azienda agricola dovrebbe investire circa 800-900 euro ad ettaro per il monitoraggio. Cifre che ne giustificano l’impiego solo per colture ad alto reddito, dove un aumento della qualità e una riduzione dei costi rende sostenibile l’investimento.

“Per ora abbiamo lavorato su colture come il pomodoro da industria, la vite, il kiwi e l’ulivo, raccogliendo dati interessanti e validato la nostra soluzione. Su pomodoro ad esempio abbiamo riscontrato la possibilità di risparmiare acqua per un 36% rispetto all’irrigazione tradizionale. In tutti i casi il nostro sensore ha funzionato perfettamente, integrandosi con i tessuti dei vegetali e non ha mai dato problemi di rigetto”, sottolinea Vurro.

La startup punta ad arrivare presto sul mercato. Ma come convincere gli agricoltori italiani ad aprire il portafogli per adottare un’innovazione così rivoluzionaria? “Noi non ci rivolgiamo direttamente all’agricoltore, ma parliamo con i consorzi oppure con le cooperative illustrando i pregi della nostra soluzione.

Sono poi loro a trasmettere ai propri associati l’importanza di adottare innovazioni come la nostra per avere un’agricoltura sempre più produttiva e sostenibile”.

Fonte: Agronotizie    Autore: Tommaso Cinquemani